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Costituire un corpus per comprendere meglio lo statuto degli oggetti cosiddetti dell’esilio, caratterizzati da un processo di migrazione, spostamento, la fuga, asilo.

Presentazione

Il principio del progetto « displaced objects » è semplice : scegliere un oggetto (materiale, letterario, cinematografico, artistico, museale) e svolgere un’esperienza dell’esilio e dello spostamento, nel tempo e nello spazio.

Questo progetto di scrittura (3 pagine massimo) è aperto a tutti, ricercatori, artisti, scrittrici, scrittori, assistenti, traduttrici, traduttori, studentesse, studenti, chiunque qui o altrove abbia vissuto un’esperienza dell’esilio … Non avrà senso se non nella diversità delle scritture e delle esperienze. I testi sono pubblicati in rete sul sito https://displacedobjects.com/. Il titolo deve essere un nome di un oggetto (4 parole massimo), ma il sottotitolo può precisare l’intenzione dell’autore. Devono essere accompagnati da un’immagine dell’oggetto, ed essere firmati almeno con il nome. I testi devono rispettare queste regole per mantenere la coerenza del formato. I punti di vista espressi riguardano unicamente gli autori.

Displaced objects è un progetto del programma non-lieux de l’exil coordinato da Alexandra Galitzine-Loumpet, previsto per alcuni anni a partire dalla fine del 2015. Le proposte di 1-3 pagine devono essere inviate all’indirizzo seguente :  loumpet.galitzine@gmail.com

Descrizione

Nel maggio 1922, un’esule chiamata Marina Tsvetaieva lascia Mosca per Berlino, descrivendo accuratamente gli oggetti che porta con sé. Nel 1939, da Parigi a Mosca, consegna una lista di oggetti che riporta indietro. Non sono esattamente gli stessi e in ogni caso sono diventati altri. Ma sono i suoi ; come lei sono in e dell’esilio e i loro destini sono parzialmente legati tra di loro, nei viaggi successivi così come nell’esperienza della fame e della scomparsa. In che modo questi oggetti sarebbero diversi da quelli delle spiagge di Lampedusa, dei campi alla frontiera marocchina o messicana, dei centri di detenzione, dei campi di Calais o della Porte de la Chapelle a Parigi ? Cosa sappiamo della loro importanza spesso vitale ? Della loro maniera di recare tracce ? Delle loro metamorfosi ?

L’obiettivo del progetto intitolato Displaced Objects (D. O.), come parafrasi della designazione Displaced Persons (D. P.), è quello di raccogliere dei brevi testi che rendano conto di oggetti individualizzati dall’esperienza dell’esilio : spostamento degli oggetti nel tempo, lo spazio o la memoria ; spostamento d’individui che trasportano degli oggetti ; oggetti emblematici di una situazione di esilio.

Il principio è semplice e aperto a tutti : scegliere un oggetto (materiale, letterario, cinematografico, artistico, museale) e svolgere un’esperienza dell’esilio.

Non si tratta necessariamente di raccontare la propria storia o quella della propria famiglia. Gli oggetti dell’esilio partecipano alla nostra vita quotidiana, sono evocati per raccontare i « flussi migratori ». L’attualità ce ne offre in abbondanza. Di volta in volta presentati come tracce, impronte, vestigia, resti o rifiuti, rapidamente alcuni di essi diventeranno oggetti di musei, d’arte o di letteratura, ponendo questioni di ordine etico e politico circa la loro natura. Solo raramente sapremo ciò che è successo ai loro proprietari.

Restituire la biografia degli oggetti implica di conseguenza un decentramento dal soggetto all’oggetto, ed è un mezzo efficace di restituire dignità al vissuto dell’esiliato. La materialità dell’oggetto è in questo senso al tempo stesso essenziale e insufficiente : ciò che conta è precisamente ciò che significa al di fuori di ogni materialità, da solo o in associazione con altri, l’esperienza che ha reso possibile. In questo senso, l’oggetto, o la sua rappresentazione (visiva, letteraria), è un non-luogo, e il suo destino mutevole incarna quello dei suoi possessori.

Lo sapevamo già, gli oggetti hanno una (nostra) anima. In che modo e in quali forme, questi oggetti incorporano un’esperienza o un’eredità dell’esilio ?

(traduzione : Camilla Maria Cederna)